AREE PROGRAMMA E UNIONI DEI COMUNI: PRECISAZIONI UFF. AUT. LOC.

punti apici 05.09.2012 ore 17:27

Il Dirigente dell’Ufficio replica a una presa di posizione pubblicata oggi sulla stampa

AGR
AGR Al fine di fornire chiarimenti rispetto a prese di posizioni pubblicate a mezzo stampa, si trasmette di seguito una nota del dirigente dell’Ufficio Autonomie Locali della Regione Basilicata, Pasquale Monea.

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In relazione alla presa di posizione lette oggi sulla stampa ritengo opportuno dare il mio modesto contributo, con preghiera all’autorevole commentatore ed ai lettori, d’interpretare le mie parole quali semplice contributo alla discussione tecnica, senza alcuna pretesa d’intervenire nel già concitato dibattito politico.

Intanto parlare di trasformazione delle Aree programma in Unioni di Comuni non è conforme a quanto indicato nella stessa legge regionale: in essa, infatti, partendo anche da espresse richieste degli stessi enti locali e dalle parti sociali si è deciso di assentire (in tal senso l'esperienza della Regione Piemonte e della Regione Emilia Romagna sono state da guida) uno specifico aiuto economico per quelle aree che “volontariamente” decidono di trasformarsi in Unioni di Comuni anche nella consapevolezza che i criteri dati dal Ministero dell'interno per l'attribuzione di benefici economici non riconoscendo lo strumento convenzionale (leggi aree programma ex art. 30 del tuel) e ritenendo preferibile quello più strutturato delle unioni hanno finito per lasciare fuori da forme contributive la Regione Basilicata, a vantaggio delle Regioni del Nord, mediamente più avanti nell’associazionismo comunale; con l'ulteriore considerazione che secondo quanto stabilito dallo stesso Tuel, la definizione delle aree di programmazione ai sensi dell’art 33, costituisce l’individuazione regionale di un programma di riordino territoriale, con l’individuazione di aree vaste all’interno delle quali incentivare, nel rispetto della “leale collaborazione” una gestione efficace delle funzioni comunali. Tale definizione territoriale è stata fatta tenendo conto delle sette aree nascenti dall’accorpamento delle comunità montane.

In altri termini, se il fine vero è quello della gestione dei servizi da parte dei Comuni, soprattutto quelli più piccoli, saranno gli stessi enti locali a scegliere se costituire o meno un Unione in luogo delle attuali aree programma, con l'avvertenza, però, che l’obbligatoria gestione efficiente dei servizi non ammette più deroghe, avendo previsto il legislatore il Commissariamento dei comuni che non adempiano a quanto richiesto in termini di gestione associata, la cui scadenza è opportuno ricordare è già fissata al 31 dicembre 2012.

Una lettura diversa appare riduttiva rispetto allo sforzo fatto dal Legislatore regionale che ha saputo mantenere con norme a volte innovative fantasiose ma efficaci (e peraltro tutte valutate costituzionalmente orientate dai Governi che si sono succeduti) i livelli occupazionali e l'impegno sul territorio; meglio appare, invece, la conservazione che la Regione Basilicata, in un momento storico di grandi modifiche (si pensi alle Province) ha saputo mantenere servizi sul territorio senza mortificare le professionalità esistenti creando un strumento che finalmente dopo anni ha visto i Sindaci riunirsi, dibattere, decidere e proporre per aree vaste e non più per piccoli e limitati interessi locali.

Sarà loro cura, adesso, decidere se fare il passo ulteriore creando un’Unione ovvero creare le condizioni affinché lo strumento convenzionale delle aeree possa garantire un'efficace gestione dei servizi, evitando, quindi, le sanzioni dello stato, anzi conquistando qualche vantaggio in termini economici in più.

Le scelte non sono inconciliabili ma soltanto alternative e, peraltro, non obbligate dalla legislazione regionale: l’importante è che gli effetti voluti dal legislatore nazionale di maggiore efficienza ed efficacia dei servizi vengano perseguiti.

Due ultime questioni appare necessario esaminare.

La prima attiene agli Organi di Governo: in particolare alle Giunte Comunali non senza precisare che quanto affermato in relazione al venir meno della Giunta Comunale è aspetto limitato ai soli Comuni più piccoli, cioè quelli con meno di mille abitanti.

Su punto mi consento di riportare pezzo di un articolo redatto dallo scrivente per il Sole 24 Ore e che pertanto riporto necessariamente in virgolettato.

“Il nuovo comma 28 bis dell’art. 14, d.l. 78/2010, conferma l’applicabilità ai comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti della disposizione di cui all’art. 16, comma 17, lett. a) del d.l. 138/2011, che dispone, se pur in modo piuttosto ambiguo, l’eliminazione in tali enti della giunta indipendentemente dal conferimento o meno di tutte le funzioni (scenario ora previsto dall’art. 16 come mera eventualità); in altre parole, i comuni più piccoli perdono comunque la giunta, qualunque sia la soluzione da loro adottata in tema di associazionismo (unione ordinaria o speciale). Il comma 28 bis cerca quindi di sanare una palese lacuna normativa, a cui aveva già tentato di porre rimedio il Ministero dell’Interno con apposita circolare (n. 2379 del 16 febbraio 2012) che vale a maggior ragione ora, alla luce delle modifiche in esame. La nuova norma peraltro avrebbe potuto essere ancora più chiara e lineare, se si fosse specificato che la giunta “scompare” anche in caso di semplice convenzione (rectius Aree Programma); in ogni caso, a tale conclusione conduce in modo inequivoco la lettura data a livello ministeriale con apposita circolare del Ministero dell’Interno. In tale contesto non è del tutto comprensibile la nuova disposizione compresa all’art. 16, comma 13, che dispone la decadenza di diritto della giunta, con riferimento evidentemente a quei comuni che non sono ancora passati dal rinnovo elettorale. Infatti, a decorrere dal primo rinnovo successivo alla entrata in vigore del d.l. 138/2011 (17 settembre 2011) la giunta non viene più istituita all’interno dei comuni appartenenti alla fascia demografica in esame. Occorre prendere atto di un’impostazione interpretativa ormai consolidata, alla quale non è possibile opporsi in tempi di “spending review” – ferme restando le nostre perplessità sulla pessima abitudine di introdurre modifiche ordinamentali come queste con un semplice decreto legge, senza un adeguato raccordo con le varie parti del Testo unico, in spregio al principio generale stabilito all’art. 1, comma 4, TUEL oltre che alle più elementari esigenze di certezza del diritto.

Come si vede, quindi, la Giunta dei piccoli Comuni scompare sia nel caso delle Unioni che delle Aree Programma (convenzioni ex art. 30).

Infine sulla materia del personale.

La scelta del legislatore regionale, peraltro del tutto simile a quella della Toscana, Piemonte e Lazio già esaminate e ritenute conformi dal Governo, è stata quella di ritenere “neutre” le assunzioni per mobilità derivanti dalla soppressione delle Comunità Montane sulla base di due considerazioni: la prima secondo la quale il trasferimento di funzioni e compiti ad altri enti, per un chiaro orientamento Costituzionale ed ai sensi della legge 59/97 (Bassanini1) va necessariamente accompagnata dal trasferimento di risorse strumentali ed umane, la seconda sul presupposto che i dipendenti delle soppresse Comunità e quindi la conseguente spesa era già spesa di personale di una unione esistente, la vecchia Comunità Montana.

Pasquale Monea

Dirigente Ufficio Autonomie Locali

Regione Basilicata

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