Sul totale della spesa pubblica pari, nel 2010, ad oltre 815 miliardi di euro la spesa delle 107 province italiane ammonta solo all’1,5%. Su tale percentuale, pari complessivamente a circa 12 miliardi di euro, l’indennità degli amministratori (circa 4000) incide per 113 milioni di euro lordi. Costo destinato a diminuire del 20% con l’entrata in vigore del decreto attuativo del DL 78/2010. Tutto il resto è costituito dal costo del personale (2 miliardi e 343 milioni di euro) e dai costi relativi alle funzioni fondamentali delle Province ed essenziali per garantire adeguati servizi alle comunità amministrate: dalla mobilità (gestione di 125 mila chilometri di strade ovvero l’84% del totale della rete stradale nazionale) alle infrastrutture per la tutela ambientale, dall’edilizia scolastica (manutenzione di 5000 edifici scolastici) allo sviluppo economico e servizi per il mercato del lavoro (gestione di 600 centri per l’impiego), dalla promozione della cultura,del turismo e dello sport (gestione di 2660 palestre scolastiche) ai servizi sociali.
Questi i dati del dossier dell’Upi nazionale “Le province allo specchio. I bilanci, le cifre, le funzioni, i costi”, riportati dal Presidente della Provincia di Potenza Piero Lacorazza nell’ambito del dibattito in corso sull’abolizione delle Province.
“È del tutto evidente – ha affermato – che abbattere le Province non eliminerebbe queste spese, di cui altri enti dovrebbero farsi carico, ma solo il costo politico degli amministratori provinciali. Costo irrisorio rispetto a quello della politica nazionale di 6 miliardi e 500 milioni di euro. Non è un caso del resto che, guardando all’Europa, tutti gli Stati, tranne Malta, che hanno le Regioni mantengono anche le Province.
Certo, come già da me sottolineato in occasione delle celebrazioni per i 150 anni del Consiglio provinciale di Basilicata – per la prima volta eletto e non nominato – non si può rifuggire dalla necessità di riformare e razionalizzare il sistema delle autonomie locali per rendere più efficiente la Pubblica amministrazione. Ciò partendo anche dall’eliminazione delle Province, cresciute considerevolmente negli ultimi tempi, laddove dovessero coincidere con l’istituzione delle Città Metropolitane. Per eliminare davvero un costo vivo della politica, tuttavia, bisognerebbe guardare con lucidità e lungimiranza agli oltre 7000 enti strumentali (Consorzi, Aziende, Società) che occupano circa 24 mila persone nei Consigli di Amministrazione e i cui costi (compensi, spese di rappresentanza, funzionamento dei consigli di amministrazione) nel 2010 ammontavano a 2,5 miliardi. Eliminare questi enti consentirebbe un risparmio immediato pari a 22 volte quello che si otterrebbe abolendo le Province. Senza contare poi che 318 mila persone hanno incarichi di consulenza nella Pubblica Amministrazione e per questo lo Stato ha speso nel 2009 circa 3 miliardi di euro. Nasce da qui la l'iniziativa UPI per una legge di iniziativa popolare che elimini gli enti e le società che duplicano e si sovrappongono alle funzioni fondamentali di istituzioni riconosciute dalla Costituzione e i cui rappresentanti sono eletti direttamente dal popolo.
“Senza demagogia – ha concluso Lacorazza – credo che su questo terreno si possa avviare un percorso di maggiore efficienza e minor costi del sistema pubblico. In tal senso c'è un'occasione offerta della Carta dalle Autonomie (cioè 'chi fa che cosa'), già approvata da un ramo del Parlamento e il federalismo che va recuperato ad un vero spirito di efficienza, efficacia e solidarietà”. bas 02