Bolognetti (Ri) su dati istat Mezzogiorno

“Eccoci qua. Abbiamo completato la nostra lunga rincorsa e oggi indossiamo la maglia rosa di regione più povera d’Italia. I dati diffusi dall’Istat sulla Lucania restituiscono la fedele fotografia di un disastro socio-economico in atto e suscettibile di ulteriori peggioramenti negli anni a venire”. Lo sostiene in una nota Maurizio Bolognetti, della Direzione Nazionale Radicali Italiani. “A chi minimizza la drammaticità della situazione – aggiunge – suggeriamo di riflettere su quanto scritto nel rapporto Bankitalia 2011: in Basilicata cresce il numero di famiglie in cui non lavora nessun componente. Le stime dicono che nella nostra regione, in una famiglia su 5 non lavora nessuno. La verità è che al di là delle congiunture internazionali e nazionali abbiamo sperperato, in questi anni, innumerevoli opportunità. Penso, per esempio, all’utilizzo inefficiente e spesso clientelare dei fondi UE. La miseria morde una famiglia lucana su tre e chi vive in realtà quali il lagonegrese, una delle aree più povere della già povera Lucania, sa bene che ormai sono tante le famiglie che non riescono ad arrivare non alla terza, ma alla seconda settimana del mese. Chiudono scuole, perdiamo servizi, le nostre comunità montane e i paesi interni si spopolano sempre più velocemente. La maggior parte dei 131 comuni lucani è in via di desertificazione e non sono pochi quei paesi che nei prossimi anni rischiano di assumere l’aspetto spettrale e tragicamente meraviglioso di Craco vecchia. La realtà che emerge dal rapporto Istat 2011 è quella di un Mezzogiorno sull’orlo del baratro, con aree che ormai sono terzo mondo, anzi quarto. Emblematiche di un disastro annunciato, vicende come il Polo della scarpa o la Felandina. Il sud che emerge dal rapporto Istat fa venire i brividi. Il 15 per cento dei meridionali è in arretrato nel pagamento di bollette, mutuo, affitto e debiti diversi dal mutuo; Il 46% non riesce a sostenere spese impreviste di 800 euro; il 23% non riesce a riscaldare adeguatamente l’abitazione; il 10,7% non riesce a fare un pasto adeguato almeno ogni 2 giorni; il 29% degli anziani meridionali dichiara di star male o molto male a fronte del 15,9% del nord-ovest. A fronte di questo disastro, l’Istat sottolinea che in Italia la maggior parte delle risorse destinate alla protezione sociale sono assorbite dal sistema pensionistico – un sistema tra l’altro iniquo(vedi la denuncia Radicale sui Silenti) – mentre quote di gran lunga inferiori alla media UE vengono destinate al sostegno delle famiglie, alla disoccupazione e al contrasto delle condizioni di povertà e di esclusione sociale. Insomma, il welfare italiano andrebbe ridisegnato. Allargando il campo, va sottolineato che tra i 69 milioni di cittadini a rischio povertà/esclusione sociale, che vivono nei 17 paesi dell’area euro, 15 milioni risiedono in Italia. Parlare di popolazione a rischio povertà nell’area euro significa dire che l’Italia si colloca subito dopo Grecia e Spagna. Nel Mezzogiorno e nella nostra Lucania la linea che separa la condizione di relativo benessere da quella di disagio e di povertà relativa è sempre più sottile. La conclusione che mi sento di trarre di fronte allo sconfortante affresco offertoci prima da Bankitalia e poi dall’Istat è che la partitocrazia crea povertà. Il sessantennio partitocratico, che abbiamo descritto nel dossier “La Peste Italiana”, è la vera zavorra che sta trascinando a fondo questo paese. Il Mezzogiorno del clientelismo e delle clientele rischia di essere sommerso. Abbiamo bisogno di uno slancio riformatore e soprattutto abbiamo bisogno di ridare un senso alla parola democrazia. Quel Marco Pannella, che da quasi 88 giorni è in sciopero della fame per la democrazia, la legalità e la giustizia, sta indicando una rotta possibile. C’è da sperare che qualcuno sappia ascoltarlo, prima che sia troppo tardi”.

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