“Il CIE di Palazzo S.Gervasio da simbolo dell'accoglienza del popolo italiano si sta trasformando in un altro incubo che i popoli del mediterraneo, in fuga da situazioni di guerra e miseria, sono destinati a vivere. 18 mesi di vera e propria prigionia, come testimoniano le ultime inchieste di Repubblica, in uno spazio in cui tutti i diritti della persona sono annullati.
Non e' accettabile che proprio l'Italia, paese crocevia di popoli e culture, sia ridotto a lasciare che sul suo suolo vengano costruite prigioni per innocenti. Allo stesso tempo, in vista dell'inizio della campagna di raccolta del pomodoro nel Vulture-Melfese, la situazione si aggrava e le ormai migliaia di migranti impegnati nel lavoro dei campi dovranno vivere per oltre 2 mesi all'addiaccio o nei casolari abbandonati della zona”. E’ quanto affermano, in un documento congiunto, Cgil, Arci, Legambiente, Forum Terzo Settore, Libera, Associazioni delle Donne, Lucania World, Acli.
“Siamo convinti – prosegue la nota – che si possa e si debba fare qualcosa di concreto per far fronte a questa situazione di emergenza. C'è necessità che la politica si riappropri della dialettica della solidarietà, partecipando alla costruzione di nuovi diritti che siano alla base di un nuovo sistema economico e sociale. Come è noto, dopo la detenzione nei CIE nessuno all’uscita sarà rimpatriato e si ritroverà ad essere ancora vittima di un destino di irregolarità e ricatti.
Abbiamo sempre deprecato la scelta di seminare prima tendopoli e poi Cie lungo la tratta dell’ortofrutta meridionale, alimentando la cultura dell'illegalità e dello sfruttamento.
Chiediamo un incontro con il Prefetto per stabilire tempi e modi utili a rendere possibile un presidio di diritto dove il diritto muore, attraverso la costituzione di un pool di avvocati che possano portare assistenza gratuita ai migranti, in modo da arginare le assurde decisioni che vogliono istituzioni democratiche, organi di stampa, legali, associazioni e sindacati fuori dal "Centro Identificazione ed Espulsione" organizzandolo come una prigione. Un atto importante per impedire ulteriori usurpazioni di diritti e vite. Chiediamo alle donne e agli uomini, ai movimenti ai partiti politici, agli intellettuali, alla stampa di mettere in campo una mobilitazione forte per combattere la logica dei CIE ed affrontare il tema dell’accoglienza con equilibrio ed umanità.
C'è bisogno di aprire il Mezzogiorno, e quindi anche la Basilicata, al Mediterraneo, occorre esprimere uno straordinario sforzo culturale e politico che sappia mettere insieme associazioni, il mondo della cooperazione e delle imprese, i sindacati, le istituzioni, in primis Regione, Provincia e Comuni, perché immediatamente si possa organizzare un'ospitalità temporanea che rifugga dal rischio “ghetto” e costruisca in tempi brevi accoglienza diffusa in tutta la regione, creando tutti i presupposti per un'altra economia, per costruire nuove e più proficue relazioni democratiche e partecipate. Questo e' il ponte che dobbiamo impegnarci a costruire tra Mediterraneo ed Europa.
Invitiamo tutti a farsi promotori di una grande manifestazione da svolgersi in data 25 giugno a Palazzo San Gervasio davanti al CIE. Se ci sarà impedito di entrare non si potrà impedire alle nostre voci solidali di oltrepassare il muro del silenzio e dell'indifferenza”.
BAS 05