“Il nuovo piano industriale presentato dall’amministratore delegato di FIAT agli investitori prevede la separazione del settore auto dai veicoli industriali e trattori nei prossimi sei mesi, con il raddoppio entro il 2014 della produzione a circa 1,4 milioni di vetture, e contiene degli elementi positivi. L’obiettivo dell’aumento della produzione coincide con quanto più volte sollecitato dalla CGIL, che ritiene gli attuali livelli produttivi insufficienti per le capacità degli stabilimenti del nostro paese. Va dato atto, al management del Gruppo, di aver introdotto una visione all’altezza della sfida mondiale che il settore impone, anche se permane il giudizio negativo sulla chiusura dello stabilimento di Termini Imprese,in un mezzogiorno già fortemente provato dagli effetti devastanti della crisi. È ben presente come in tutto ciò abbia giocato un ruolo chiave il governo degli USA di Obama, nel mentre il governo italiano è rimasto immobile”. E’ quanto afferma in un comunicato il segretario regionale della Cgil Basilicata Antonio Pepe.
“Per lo stabilimento SATA di Melfi – prosegue – il piano industriale prevede la conferma del suo ruolo strategico, con un aumento della produzione al oltre 400 mila vetture all’anno, e ci auguriamo con un incremento della base occupazionale. Tutto questo deve fare i conti, però, con la ripresa della domanda sul mercato interno ed estero. In questo senso siamo convinti che la Fiat debba prevedere investimenti massicci nel campo delle motorizzazioni a basso impatto ambientale. Se gli obiettivi di produzione del gruppo possono farci pensare ad futuro più certo per i lavoratori italiani, – sottolinea Pepe – le dichiarazioni di Marchionne non sono assolutamente condivisibili: un vero e proprio ultimatum dove la contromisura potrebbe essere proprio il blocco degli investimenti. La CGIL Basilicata ritiene che un tale comportamento, in special modo in un momento di drammatica crisi, non sia assolutamente plausibile né accettabile. Quello di cui si ha bisogno è, invece, la reale ripresa del confronto tra FIAT e sindacato, e relazioni sindacali più avanzate sul piano della democrazia, per assicurare il buon esito dei risultati contenuti nel piano. Bisogna trovare delle soluzioni equilibrate in cui la flessibilità richiesta non può assolutamente tradursi in un effettivo peggioramento delle condizioni dei lavoratori. Più volte abbiamo sottolineato il pericolo della trasformazione degli stabilimenti italiani in semplici catene di assemblaggio. Noi crediamo che la strada da seguire, se si vuole effettivamente uscire dall'impasse dovuta alla crisi, passi attraverso adeguati investimenti nel campo della ricerca e sviluppo che devono sempre più puntare sulle intelligenze del territorio. Far crescere il tessuto produttivo deve voler dire necessariamente far crescere anche il territorio nel quale insistono le imprese, a partire dalle persone e dalle loro qualità”.
BAS 05