“Non possiamo accettare l'idea secondo cui la Fiat, dopo aver utilizzato consistenti risorse pubbliche, incentivi fiscali, aiuti contributivi, incentivi per la vendita di auto (rottamazione) faccia i suoi comodi, chiudendo, tagliando e delocalizzando laddove gli è più congeniale, a discapito dei lavoratori, dell'economia e dell'interesse generale del Paese. Per questo il “piano Marchionne” va stoppato specie nell’interesse dei lavoratori degli stabilimenti del Sud della Fiat tra i quali quello di Melfi”. E’ quanto sostiene Giacomo Nardiello, componente della direzione nazionale e della segreteria regionale del Pdci-Fds.
“Il tavolo di Torino perciò – aggiunge – deve diventare lo strumento per inchiodare Marchionne alle sue responsabilità e dal Governo attendiamo in quell’occasione un atto concreto perché si imponga e metta il manager Fiat spalle al muro: la Fiat, dopo aver incassato soldi “a palate” dallo Stato, non può pensare di fuggire dall'Italia. La vicenda dimostra che ci sono ancora padroni che pensano di vivere nell'800 e lavoratori che subiscono soprusi, angherie e vigliaccate che gridano vendetta, a testimonianza che la lotta di classe non è morta e sepolta come certa politica vuol far credere. Un governo serio, che fa gli interessi generali del Paese, dopo quanto dichiarato da Marchionne, bloccherebbe ogni delocalizzazione e prenderebbe le difese dei sindacati, senza i quali chissà quanti altri Marchionne oggi ci sarebbero in Italia.
Inoltre – aggiunge Nardiello – dal ministro Sacconi, che dice di non aver "ben compreso se la produzione della monovolume della Fiat in Serbia sia quella destinata alla produzione a Mirafiori o ad altra fabbrica italiana (leggasi Melfi)", va in onda un goffo, e pessimo, gioco delle parti. Il ministro finge di non capire per non andare alla guerra con l'azienda, visto che quanto dichiarato dall'a.d. Fiat è stato capito da tutti i commentatori, politici e non, tranne che da lui. Soprattutto è stato capito dai lavoratori Fiat, che sono abituati da sempre al gioco sporco dei vertici aziendali sulle loro spalle. Attendiamo Sacconi alla prova, e consigliamo a lui e a tutto il governo Belrusconi di fare attenzione: dopo gli scioperi contro i licenziamenti a Melfi le nuove iniziative di lotta promosse dalla Fiom-Cgil sono per il Governo una scelta obbligata a fare i conti con una mobilitazione sempre più forte e determinata a farsi sentire”.
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