La situazione del comparto oleario in Basilicata e le ripercussioni della decisione della Commissione europea che intende aiutare l'economia tunisina, incrementando di 35.000 tonnellate le importazioni a dazio zero che entrano nel territorio comunitario per i prossimi due anni, sono state esaminate in un incontro che delegazioni di organizzazioni di produttori olivicoli hanno avuto oggi con l’assessore regionale all’Agricoltura Luca Braia. Il Cno (Consorzio nazionale degli Olivicoltori)-Cia riferisce che è stata condivisa una strategia di tutela dell’olio extravergine lucano attraverso il percorso del marchio l’unico che è l’unico strumento in grado di proteggere le nostre produzioni di qualità e al tempo stesso accrescere la remuneratività degli olivicoltori lucani.
Nel 2014 la produzione italiana di olio di oliva è diminuita di circa il 40%, informano da CNO. Inoltre, sono anni che i prezzi di mercato risultano poco remunerativi e gli olivicoltori chiedono interventi di rilancio all'Unione europea ed alle autorità nazionali e regionali. Per non parlare che proprio l'Europa ha varato una riforma della Pac nel 2013 fortemente punitiva nei confronti del settore ed ora apre il nostro mercato senza contropartite e misure per attenuarne l'impatto. Ci sono sicuramente segnali di ripresa del settore in Italia e da noi, con la campagna olivicola 2015 che sarà sicuramente migliore rispetto ai risultati disastrosi dello scorso anno. In più l'impegno del Governo sulle risorse a sostegno dell'olio d'oliva incentiva i nostri operatori a impegnarsi anche in investimenti di medio e lungo periodo.
"Non è questo il momento di fare concessioni commerciali a spese della olivicoltura, avverte il Cno. Si rischia di aggravare la situazione di mercato e di compromettere la produzione che ci accingiamo a raccogliere, a partire dai prossimi giorni. Noi olivicoltori speravamo in un'annata positiva, dopo molte delusioni, ma ora questo è a rischio".
"L'olio tunisino ha un costo inferiore a quello italiano e, soprattutto – sostiene Paolo Carbone del Cno – non è ottenuto con gli standard qualitativi ed ambientali che abbiamo noi in Europa, sottolinea. Che circuiti commerciali avranno le maggiori importazioni? In che modo saranno etichettati ed a quali controlli saranno assoggettati? Non vorrei, conclude Carbone, che il prodotto tunisino vada ad alimentare il circuito del sottocosto, praticato da alcune catene della grande distruzione organizzata attiva in Italia. Se così fosse sarebbe una beffa per i produttori italiani e per i consumatori del nostro Paese".
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