Per l’esponente di Sinistra, Ecologia e Libertà “il centrosinistra, non solo quello lucano, ma quello nazionale, le forze progressiste, hanno bisogno di attrezzare una proposta alternativa alle politiche del governo di centrodestra”
“Quando si è in presenza di mutamenti e di cambiamenti così radicali in particolare riferiti alla incertezza del trasferimento delle risorse finanziarie statali o comunque ai tagli, se pensiamo alla situazione di grande difficoltà di crisi in cui versa il Paese e quindi anche il nostro territorio, è evidente che anche gli ‘scostamenti’ nell’uso delle risorse sono determinati da fattori economici, sociali e anche dal mercato”. A sostenerlo è il capogruppo Sel in Consiglio regionale, Giannino Romaniello, che ha motivato le ragioni politiche del voto favorevole al rendiconto per l’esercizio finanziario 2009 e all’assestamento di bilancio di previsione 2010.
Nel condividere le valutazioni e il giudizio che il presidente ha fatto sulla manovra economica del governo, Romaniello ha aggiunto che “il centrosinistra, non solo quello lucano, ma quello nazionale, le forze progressiste, hanno bisogno di attrezzare una proposta alternativa alle politiche del governo di centrodestra. Non si va da nessuna parte se l’atteggiamento, il modo con cui si prova a contrastare politiche sbagliate, è solo ed esclusivamente di chi sa dire dei no. Le discussioni di questi giorni sul superamento del contratto nazionale del settore metalmeccanico, l’ atteggiamento dell’amministratore delegato della Fiat Marchionne sulla vicenda Pomigliano, ma anche i comportamenti e l’atteggiamento che ha mantenuto rispetto alle contestazioni che ci sono state rispetto alla vicenda dello stabilimento di Melfi con il licenziamento dei tre lavoratori – afferma il consigliere Sel – sono la dimostrazione che siamo di fronte al tentativo di dare una risposta che fondamentalmente non affronta alla radice i temi e le cause della responsabilità della crisi”.
“Non sono convinto in proposito – dice ancora Romaniello – che il federalismo, così come è immaginato, possa contribuire, possa aiutare le Regioni a fare scelte, ad avere maggiore autonomia, cioè possa aiutare il Paese, perché è un’idea distorta, il federalismo è nato per unire, per federare Stati e non per dividerli. Tornando alle questioni nostre, io penso quindi che noi abbiamo assolutamente bisogno nella nostra regione, nel Mezzogiorno, di modificare il sistema di rapporti e di relazioni fra politica ed economia, fra livello regionale e comunità locali, nel senso che molto probabilmente troppo spesso si è ragionato sull’uso delle risorse partendo dal dato di mantenere, di costruire, di accontentare, piuttosto che invece di utilizzare nell’ambito di scelte strategiche importanti e fondamentali, anche dando e non rispondendo a qualche sollecitazione. Dico questo perché se il totale delle entrate a libera destinazione ammonta a 244 milioni, se per l’80% il bilancio regionale è fatto dai fondi e dalle risorse sulla sanità, allora penso che abbiamo proprio fatto bene ad affrontare il tema della razionalizzazione della spesa, il tema della necessità di mettere mano al sistema sanitario della nostra regione e io penso che forse siamo arrivati anche in ritardo”.
“Dal bilancio, colgo, inoltre, un ulteriore segnale – ha concluso l’esponente della Sel – che molto probabilmente stando ai residui attivi noi siamo in presenza del fatto che una serie di strumenti che avevamo messo in campo non hanno portato risultati, penso in modo particolare ad alcune norme che noi abbiamo approvato, alcune leggi, penso a quella sulla reindustrializzazione, penso al piano operativo della Val d’Agri e quant’altro. Quindi, credo che abbiamo assolutamente la necessità di ripiegarci a discutere su questi strumenti e sui nuovi strumenti da mettere in campo. Concordo infine che bisogna semplificare, concordo sul fatto che bisogna sicuramente legare di più le risorse che noi mettiamo a disposizione alla necessità che le imprese, che chi le utilizzi lo faccia in due direzioni, quella della tutela del lavoro e dell’incremento dell’occupazione e quella dell’innovazione tecnologica, senza mai sottovalutare le politiche sociali”.