“Ai giornalisti locali che, come fanno del resto quelli nazionali, disegnano ipotetici scenari elettorali, posso assicurare di dormire ogni notte sogni tranquilli e di non aver alcuna preoccupazione per eventuali improvvise scadenze elettorali e piuttosto di concentrare ogni sforzo per radicare Fli sul territorio intorno ad un programma che rappresenti il nostro elettorato su tre capisaldi: coesione sociale del Paese, un federalismo solidale tra le regioni, unità nazionale come valore indissolubile. Se salta il bipolarismo, su questi punti credo sia possibile un'intesa con chi ci sta, non un'operazione di palazzo, per una grande area dell'innovazione, del patriottismo repubblicano, sui valori della destra moderna ed europea".
A sostenerlo è il sen. Egidio Digilio (Fli), sottolineando che “a guardare le cose con attenzione e con un minimo di serenità, si scopre facilmente che la "destra nuova" immaginata dal Presidente della Camera ha posto una serie di questioni: quale cultura politica per il centrodestra del domani, quale centrodestra senza e dopo Berlusconi, quali visione dell'Italia e della politica dopo che si sarà esaurita l'onda lunga dell'antipolitica che Berlusconi ha incarnato e cavalcato – che esiste per così dire oggettivamente. All'interno del Pdl, nato peraltro proprio con l'idea di includere al suo interno molte componenti sociali e molte sensibilità intellettuali, la componente finiana avrebbe potuto rappresentare una sorta di lievito critico, uno stimolo creativo, un polo di dibattito e confronto. Si è invece preferita, per timore che un eccesso di confronto interno minasse la solidità dell'attuale leadership, la strada della normalizzazione e della riduzione forzata all'unità, secondo modalità che nel linguaggio berlusconiano si potrebbero definire tipiche della "vecchia politica".