Summa (Cgil) su dati Osservatorio precariato Inps

“La nota aggiornata dell’Inps dell’osservatorio sul precariato evidenzia ancora una volta il chiaroscuro nel quale si trova il mercato del lavoro italiano, e quello lucano nel caso particolare. Infatti per la Basilicata dispiace dover confermare un andamento nient’affatto edificante del saldo delle assunzioni, riscontrandosi a tutto settembre 2016 il peggior risultato a confronto con le altre regioni italiane, -14,4% (primato negativo) e -36,4% per le assunzioni a tempo indeterminato”. Lo afferma, in un comunicato stampa, Angelo Summa, segretario della Cgil Basilicata.
“Ciò conferma il fallimento del Jobs Act da un lato e dall’altro sollecita approfondimenti e riflessioni sulla natura del lavoro lucano, e più in generale delle tendenze economiche riscontrate nel corso degli ultimi mesi e negli anni della crisi.
In particolare il dato dimostra come in Basilicata si riduce il totale delle assunzioni, nei primi nove mesi dell’anno, a fronte dello stesso periodo del 2015: sono -6548 le nuove assunzioni, il cui saldo negativo è trainato da un 90% riferibile alle assunzioni a tempo indeterminato. Bisogna precisare che non si tratta, come ovvio, di unità lavorative ma bensì di contratti. E tuttavia il dato mostra una chiara tendenza evolutiva del mercato del lavoro lucano, a fronte altresì di un dato relativo alle cessazioni che non compensa il rallentamento nelle assunzioni (-7,2% nel 2016 rispetto al 2015). Il rapporto tra assunzioni e cessazioni, pure se si registra un rallentamento di queste ultime, è di 2,5 a 1.
Se si considera che la Basilicata è la regione che nel 2016 fa registrare (nel raffronto con le altre regioni del Mezzogiorno) il più basso ricorso agli sgravi contributivi della legge 208/2015, seconda solo all’Abruzzo con un 32,5% (2845 nuovi contratti a tempo indeterminato a fronte degli 8736 totali), ricordando che in precedenza il ricorso all’esonero contributivo della 208/2015 si aggirava intorno al 60% sul totale dei nuovi assunti a tempo indeterminato, è evidente che non si riscontra un tasso di sostituzione né di lavoro stabile nelle dinamiche del mercato del lavoro lucano, né tantomeno si può pensare ad una corposa fuoriuscita dalla crisi. Ma piuttosto un accomodamento su dinamiche del tutto congiunturali, come mostra lo straordinario dato su PIL e esportazioni registrato di recente dalla SVIMEZ e che è ampiamente riferibile al settore dell’automotive. Anche in quest’ambito è tuttavia opportuno non dimenticare lo stato di difficoltà in cui ancora versa il grande polmone manifatturiero in Italia, così come le debolezze strutturali di un Mezzogiorno ancora troppo legato a salti temporanei e stagionali ed alle code della programmazione 2007-2013.
In quest’area del Paese la decontribuzione ha piuttosto spinto di qualche decimo il tasso di occupazione ma non è servita a far cambiare il comportamento delle imprese ed a favorire l'ingresso dei più giovani nel mercato del lavoro (altro dato molto preoccupante). Il basso tasso di proseguimento dalla scuola all'università favorisce tra i giovani l'idea che non serva investire in formazione. Si disinveste sull'università, problema maggiore al sud e che sollecita una riflessione anche sul ruolo della nostra università e cresce il numero dei working poor, con un alto rischio di povertà per i giovani laureati.
Infine, come la gran parte dei dati disponibili mostra, la capacità di andare sui mercati esteri da parte del sistema produttivo locale è di fatto sostenuta dall’unico impianto presente, la FCA; troppo poco in un’era caratterizzata da una marcata globalizzazione e da un’organizzazione produttiva sempre più incentrata sulle catene globali del lavoro transazionali. In questo contesto, le policy possono giocare un ruolo di fondamentale importanza, specie se dirette a rafforzare i punti di maggiore competitività del sistema locale, sia intervenendo su realtà già esistenti, e da questo punto di vista l’esperienza di Melfi è emblematica, che favorendo la nascita di attività coerenti con un paese e un territorio che non può basare (solamente) la propria competitività su elementi quali il costo del lavoro, ma su innovatività e capitale umano qualificato.
In definitiva il Mezzogiorno ed il lavoro al Sud restano le grandi sfide e le cenerentole d’Italia. A conferma ulteriore che solo un riequilibrio nella spesa per investimenti potrà generare nuova, buona e stabile occupazione”.
bas04 

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