“Le politiche di sviluppo nazionali e regionali dovranno essere contenute nel perimetro della rigida selettività settoriale e territoriale delle priorità degli interventi e nella gestione rigorosa delle risorse pubbliche”
“La Svimez traccia un quadro della Basilicata inserita dentro la crisi globale del capitalismo, esattamente posizionato sul crinale di un cambiamento strutturale di cui si ignorano ad oggi le possibili direttrici, che dà ragione alle tesi che abbiamo, da sempre, sostenuto: l’impossibilità per una piccola regione di sganciarsi dalle dinamiche del ciclo macroeconomico generale”. Lo ha dichiarato il presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, intervenendo a Roma alla presentazione del Rapporto Svimez.
“Nonostante tutto, nel 2011, il Pil lucano – ha continuato De Filippo – è cresciuto del 2 per cento, risultando la regione più dinamica del Paese, mentre si è ridotto il tasso di disoccupazione di un punto, dal 13 per cento del 2010 al 12 per cento nel 2011, a fronte di un incremento di 0,2 punti nel Mezzogiorno, e della sua invarianza a livello nazionale. Di conseguenza, nel 2011, il tasso di disoccupazione lucano è del 12 per cento inferiore a quello meridionale”.
“Certamente nessuno vuole nascondere i problemi sotto il tappeto: la crisi – ha aggiunto De Filippo – si è sentita, ed è stata molto dura. La Regione, di fronte alla tempesta della crisi, non ha potuto che adottare politiche industriali di tipo difensivo, volte cioè a preservare, in attesa di una futura ripresa economica, il tessuto produttivo esistente, che hanno avuto il loro effetto.
Ma in una condizione come quella attuale, e con i vincoli strutturali che ci sono imposti, finché non ripartirà un ciclo di spesa pubblica, anche i sia pur virtuosi sforzi che le Regioni come la Basilicata fanno, non serviranno a niente. Fintanto che non vi sarà un nuovo fiscal compact, che consenta di scorporare le spese per investimento pubblico e talune spese per il ripristino di un sistema di welfare, dal bilancio di Stato e Regioni, la crescita non ripartirà”.
Il presidente ha ricordato che in Basilicata, i trasferimenti correnti dello Stato sono passati da 111,1 meuro nel 2009 a 55,3 meuro nel 2012. “La differenza o è coperta da risorse regionali – ha sottolineato – o si traduce in minori servizi. E ciò senza che la parte cospicua del federalismo fiscale, quella cioè che prevedeva la possibilità di manovrare sulla fiscalità derivata e propria per coprire i trasferimenti tagliati, sia stata attivata. La spesa, inoltre, per effetto dei vincoli sempre più stringenti del Patto di stabilità, ha visto enormemente ridursi il suo tetto massimo destinabile ad interventi per lo sviluppo, da 140,47 Meuro nel 2009 ad appena 88,65 Meuro nel 2012. Tutto ciò evidenzia come il ruolo “keynesiano” del soggetto pubblico, a supporto cioè dello sviluppo agendo direttamente sulla leva della spesa, sia di fatto esaurito e senza prevedere gli ulteriori sacrifici finanziari richiesti alle Regioni per il prossimo futuro”.
“Rispetto alle altre Regioni del Sud, la Basilicata ha mantenuto un bilancio virtuoso. L’eccesso di spesa regionale per consumi intermedi (12 Meuro in termini di popolazione residente), calcolato dalla Commissione-Bondi, è inferiore al dato non solo del Mezzogiorno ma anche di alcune Regioni del Centro Nord. La Basilicata ha i conti sanitari sostanzialmente in equilibrio ed è l’unica Regione del Mezzogiorno continentale a non essere sottoposta ad un piano di rientro. Ciò significa che gli aggiustamenti strutturali richiesti al bilancio pubblico regionale dalle manovre finanziarie recenti sono stati già largamente anticipati negli anni precedenti.
Ma a prescindere dal problema delle risorse finanziarie, è ovvio – ha sostenuto De Filippo – che le politiche di sviluppo nazionali e regionali, se vorranno ottenere qualche risultato, dovranno essere rigidamente confinate all’interno di un perimetro che può sintetizzarsi nella rigida selettività settoriale e territoriale delle priorità degli interventi e nella gestione rigorosa delle risorse pubbliche, volta a massimizzarne l’efficienza. Nel futuro occorrerà concentrare e non disperdere le risorse, continuando a puntare sul settore agroalimentare, sul turismo e sulla green-economy, che presentano una migliore produttività, un minor costo di produzione e un loro mercato”.
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