VITI A SPERANZA: ECONOMIA VERDE FUTURO DELLA NOSTRA REGIONE

Credo sia giusto riprendere alcune delle considerazioni che Roberto Speranza ha sviluppato sulla stampa locale, alcune delle quali sono la proiezione del ricco dibattito che sta prendendo corpo nel Pd, anche sulla base di un ritrovato spirito unitario.
E’ quanto afferma in una nota l’assessore regionale Vincenzo Viti.

“Speranza che è dotato di intelligenza razionale e di spiccata attitudine “dorotea” a smussare gli angoli e a leggere processualmente l’evolversi degli eventi – prosegue – sta tessendo la tela di una compatta strategia che tende a coniugare progetto e governance per una stagione di media lunghezza che oggi (“liste forti e autorevoli”) capitalizzi e consolidi il consenso e che sappia così aprire le porte all’ingresso di una nuova generazione ricca di spirito pubblico, libera dai vincoli e dalle appartenenze dell’evo moderno, soprattutto espressa da un blocco sociale che non ripeta miserie e limiti di quello che oggi osserviamo.
E’ ben evidente che una operazione che voglia avere una qualche ambizione non possa non fare i conti con tre questioni che Speranza evoca e che vanno riprese. La questione del rapporto fra società e politica è cruciale. Non solo per la ipertrofia degli apparati pubblici e per il ruolo perverso che vi gioca la burocrazia, ma per il ritrarsi della politica dai luoghi nei quali essa dovrebbe esercitare i suoi carismi e le sue virtù e per il suo occupare invece le articolazioni autonome della società con uno stile predatorio e con intenzioni strumentalmente selettive: soprattutto con una idea totalizzante delle relazioni fra potere e consenso che ne rivela alla fine fragilità e fatuità. E’ ben evidente che Speranza crede in una diversa regolazione e in un più trasparente arbitraggio nel rapporto fra interessi e valori da commettere alla politica: ciò che esige che essa recuperi un’altezza e un respiro che oggi appaiono gravemente deficitari. Tutto ciò esige che si definisca cos’è quel “modello di sviluppo più aperto, dinamico e competitivo” all’interno del quale sia possibile resistere al ricatto soggettivo e oggettivo che viene esercitato su giovani e imprese dentro l’attuale circuito “assistenziale e compensativo”. Questione centrale, a patto che il profilo di una nuova domanda di libertà, il segno espansivo di un reale protagonismo civile, il contributo di una cultura che sappia guidare la fase costitutiva di un nuovo ciclo della vita regionale si combinino in un linguaggio e in una prospettiva capaci di guardare all’intera società lucana. I tre assi strategici: connessione materiale e immateriale, società della conoscenza ed economia verde, hanno senso e prospettiva solo se si alimentano ad una forte etica civile e se definiscono il profilo organico di una economia capace di “tornare” al territorio, rispettandone i vincoli e secondandone storia e natura.
Cosa intendo dire? Niente di più di quello che circolerà nel Rapporto sull’Agricoltura che la Regione proporrà il 30 di gennaio alla riflessione delle forze politiche e sociali nel segno di una più alta e raffinata regolazione del passaggio dall’agricoltura quale settore primario vissuto come vettore dell’accumulazione arcaica del valore economico e sociale, alla società rurale. Nessun riferimento naturalmente alla società de paysannes, come un ruralismo nostalgico tende a disegnare. Mentre nella “ruralità”, come dimensione propria di una regione qual’è la nostra, sta invece gran parte del futuro possibile (e desiderabile).

Proprio quando la politica comunitaria si avvia a cancellare il primo pilastro della PAC, quindi a superare le politiche di sostegno ai redditi e si afferma, con il secondo pilastro, una strategia che tende a finanziare gli investimenti nel segno della sostenibilità fra territorio, innovazione e ambiente, appare sempre più forte e vincente l’idea di un’agricoltura multifunzionale destinata a costituire il fattore di connessione e di coesione fra intere filiere produttive e soprattutto di regolazione delle sue ragioni di scambio con l’industria e con il terziario. L’ economia verde, oltre le enfatizzazioni ecologiste e al di là delle superstizioni di un naturalismo estetizzante e reazionario, è destinata a diventare il punto più avanzato di incontro fra innovazione, ricerca, produzioni di qualità in un mondo che reclamerà diete sempre più vigilate dalla sicurezza alimentare e qualificate dalla eccellenza delle produzioni. In questo mondo esigente e inquieto dovremo esserci anche noi, agganciando anche per questa strada il vagone della modernità, disegnando il profilo di regione equilibrata e civile, articolata nelle sue vocazioni produttive e impegnata in un grande sforzo di riconversione verso un modello che sappia davvero guardare al futuro”.

BAS 05

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