Per l’esponente politico il voto per il rinnovo dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale evidenzia “la patente caduta del patto di lealtà che dovrebbe regolare le relazioni fra i gruppi consiliari e fra i singoli consiglieri”
“Ho ritenuto di rassegnare le dimissioni da presidente del gruppo Pd per il rispetto profondo che nutro per il ruolo cui sono stato chiamato ad assolvere dai colleghi ai quali sono ovviamente grato. Un ruolo perciò che non avrebbe potuto vedermi indifferente di fronte alla patente caduta del patto di lealtà che dovrebbe regolare le relazioni fra i gruppi consiliari e fra i singoli consiglieri”. E’ quanrto afferma in una nota Vioncenzo Viti motivando la scelta delle dimissioni da capogruppo del Pd in Consiglio regionale.
“Nei giorni scorsi – scrive Viti – avevo esercitato una paziente azione di ascolto e coordinamento qual è quella che compete al presidente del gruppo di larga maggioranza nella maggioranza, ricevendo convincenti rassicurazioni circa il rispetto delle intese collegate al rinnovo dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale. Intese poi contraddette dal voto registrato in Aula. Ho peraltro avuto modo di sottolineare, nel mio intervento in Consiglio, che il rispetto verso la libertà di coscienza dei consiglieri soprattutto in occasione dell’elezione dell’Organo di autogoverno del Consiglio regionale, non mi impediva di rilevare il deficit etico fra il voto che era stato convenuto nella coalizione e il voto successivamente espresso nel segreto dell’urna. Ciò che mi conferma nell’opinione, che cercherò di far valere per quel che potrò, che soprattutto in occasione dell’elezione delle rappresentanze consiliari debbano divenire esplicite le modalità mediante le quali si conferiscono le investiture elettive, anche per sottrarre le pratiche elettorali a operazioni di dubbia trasparenza”.
“Considero perciò il mio gesto – aggiunge Viti – oltre che un atto di responsabilità e di lealtà che non potrebbe prestarsi ad alcuna maldestra operazione riduttiva, piuttosto come un contributo a pretendere che si verifichi se esistano ancora le condizioni per un centro sinistra in grado di corrispondere alla sua missione. Un centro sinistra che, con le sue porte girevoli e con la sua incerta perimetrazione, ha il dovere di porsi il problema della sua consistenza. Cioè, come per Don Ferrante, se vuol essere ‘sostanza o accidente’. Così come credo sia giusto porsi il tema se un rapporto di corrette relazioni fra gli schieramenti politici, rispettoso delle irriducibili diversità e insieme compreso del servizio da rendere alla comunità regionale, possa essere svilito o scambiato per mercato, nobilitando magari tutte le istanze che si muovono nel segno delle libertà più ‘pure’ e ‘intransigenti’. Proprio perché non sottovaluto quel che è accaduto (si parva licet…), la mia scelta si pone con l’obiettivo non solo di assecondare la mia interiore coerenza, ma di richiamare ad una coerenza più complessiva ed esigente che va oltre la mia persona ed oltre il Pd. Se si intende ovviamente continuare a servire il bene della comunità regionale”.